Quest’anno la Sagra di San Carlo ha deciso di proporre due novità che siamo certi apprezzerete: Porchetta e Gramigna con costine di maiale.

Sua maestà la Porchetta, vero trionfo di convivialità, è stata introdotta come nostra risposta alla crisi e al conseguente desiderio di tornare a piatti unici semplici e popolari.
Vogliamo che tutti, ma proprio tutti, possano venire a mangiare alla sagra, divertirsi e stare insieme. E’ questo lo scopo della nostra associazione e del nostro lavoro!

La seconda proposta, Gramigna con costine di maiale, vi sorprenderà: l’abbinamento di un primo e di un secondo piatto certamente stuzzicherà curiosità e appetito dei tanti buongustai frequentatori della sagra.
E dopo gli assaggi… vogliamo sapere il vostro parere quindi non esitate a postare i vostri commenti sulla nostra fanpage di Facebook!

Scoprite qui tutto il menù della Sagra.

 

“Tortelli tortelli,
cosa squisita
voi date la vita;
il mondo non ha
di voi ne averà
conforti più belli
tortelli, tortelli.”
Così vengono esaltati i tortelli nelle settecentesche ricette di Giovan Battista Fagiuoli.
Se è vero che i caplaz ferraresi trovano la propria consacrazione nei banchetti rinascimentali è pur vero che i loro progenitori tortelli e ravioli sono già presenti nel Medioevo quando inizia a diffondersi il modello alimentare della pasta ripiena che sarà una caratteristica distintiva delle minestre di area padana. Etimologicamente raviolo sembra derivare da raveggiolo, un formaggio utilizzato nell’impasto. Nel XV secolo tortelli e ravioli saranno presenti nei manuali di cucina sull’intero territorio nazionale. Già nel Trecento però fra le possibili varianti troviamo la zucca. Nel Liber de Coquina di un anonimo autore della prima metà di quel secolo si trova la ricetta per fare “tortelli di zucche di Quaresima”.

“Togli zucche secche e ben lesse e mandorle monde e ben peste e quantità d’erbe olienti e ben peste con queste cose: e buono olio e spezie e con questo battuto fa tortelli piccoli, friggili e polverizzali di zucchero”.

(Da “Favolosa Zucca” di Giuliana Berengan)

Origini e storia dei cappellacci di zucca ferraresi protagonisti nei banchetti estensi ed illustri rappresentanti del connubio rinascimentale fra dolce e salato

Correva l’anno 1557 quando Giovan Battista Rossetti entrò al servizio del duca di Ferrara Alfonso II d’Este in qualità di scalco, un incarico particolarmente importante che gli assegnava il compito di organizzare e soprintendere al grandioso rituale del banchetto. Ferrarese di nascita, espertissimo “ad ordinare banchetti all’italiana e all’alemanna, di varie e bellissime invenzioni e desinari e cene familiari per tutti i mesi dell’anno” al suo nome sono legati i “tortelli di zucca con butirro” ovvero gli antenati dei cappellacci: a loro è dedicato un capitolo del suo trattato Sullo Scalco edito nel 1584.

L’opera non contiene vere e proprie ricette poiché era compito del cuoco, una figura di rango inferiore rispetto alla scalco, dosare gli ingredienti.

Ci offre invece interessanti indicazioni sull’andamento stagionale dei cibi, sulle circostanze ed il rango dei fruitori. Così apprendiamo che i tortelli sono una presenza ricorrente nei menù nobiliari da agosto fino a gennaio. Fanno eccezione quelli della Quaresima, un particolare che sottolinea l’originalità dei cappellacci ferraresi rispetto all’usanza di altre città italiane di inserire i tortelli di zucca nei menù di magro o penitenziali.

La zucca raccolta ad agosto e lasciata poi maturare al sole fino a novembre si conservava fino a gennaio, ma poteva essere utilizzata tutto l’anno grazie all’arte della conservazione: tagliata a fette o intera veniva fatta essiccare.