Cappellacci, tortelli e ravioli

sagra-di-san-carlo

“Tortelli tortelli,
cosa squisita
voi date la vita;
il mondo non ha
di voi ne averà
conforti più belli
tortelli, tortelli.”
Così vengono esaltati i tortelli nelle settecentesche ricette di Giovan Battista Fagiuoli.
Se è vero che i caplaz ferraresi trovano la propria consacrazione nei banchetti rinascimentali è pur vero che i loro progenitori tortelli e ravioli sono già presenti nel Medioevo quando inizia a diffondersi il modello alimentare della pasta ripiena che sarà una caratteristica distintiva delle minestre di area padana. Etimologicamente raviolo sembra derivare da raveggiolo, un formaggio utilizzato nell’impasto. Nel XV secolo tortelli e ravioli saranno presenti nei manuali di cucina sull’intero territorio nazionale. Già nel Trecento però fra le possibili varianti troviamo la zucca. Nel Liber de Coquina di un anonimo autore della prima metà di quel secolo si trova la ricetta per fare “tortelli di zucche di Quaresima”.

“Togli zucche secche e ben lesse e mandorle monde e ben peste e quantità d’erbe olienti e ben peste con queste cose: e buono olio e spezie e con questo battuto fa tortelli piccoli, friggili e polverizzali di zucchero”.

(Da “Favolosa Zucca” di Giuliana Berengan)